C’è un punto in cui il rumore smette di essere suono e diventa violenza.
Non parlo del volume. Parlo delle voci che urlano dalle TV, dai social, dagli schermi che ci circondano 24/7. Voci che vendono odio, che giudicano, che criticano, che danno consigli non richiesti. Voci che non fanno mai niente di concreto, ma sanno sempre tutto.
È da questo punto di saturazione che è nata “Spegnete Tutto”, la mia nuova canzone.
La genesi della rabbia
L’idea è arrivata durante una di quelle giornate in cui ti svegli, apri il telefono, e ti trovi sommerso: notifiche, news catastrofiche, commenti velenosi, gente che punta il dito, influencer che vendono certezze confezionate. La sagra dell’apparire.
Mi sono chiesto: quando è diventato tutto così assordante? Quando abbiamo accettato che il nostro spazio mentale fosse invaso da migliaia di voci che non abbiamo mai invitato?
E soprattutto: come si fa a riprendersi il silenzio?
Il testo: Rabbia senza filtri
Non ho voluto scrivere una canzone “bella”. Ho voluto scrivere una canzone vera.
Ogni verso è un pugno. Ogni ritornello è un urlo trattenuto troppo a lungo. Non c’è poesia levigata, non ci sono metafore sofisticate. C’è solo la frustrazione nuda di chi è stanco di:
- Schermi che vendono odio travestito da informazione
- Critici professionisti che sanno tutto ma non cambiano niente
- Consigli finti da gusci vuoti che parlano, parlano, parlano
- Dita puntate da chi si sente architetto del giudizio universale
Il messaggio è semplice e diretto: spegnete tutto. Lasciatemi in pace. Ho solo rabbia e non ne posso più.
Il video: La metafora della frattura
Quando ho iniziato a pensare al video, sapevo che non potevo fare la classica band che suona in una stanza. Questa canzone meritava qualcosa di più viscerale, di più simbolico.
Così è nata l’idea della pressione e della frattura.
Il video è un viaggio attraverso superfici che sembrano solide ma sono in realtà fragili, oggetti sotto tensione che si deformano, implodono, esplodono. Ogni shot rappresenta un aspetto della pressione esterna che subiamo:
- Vetri che si gonfiano sotto il peso di voci invisibili
- Crepe che si propagano come veleno sotto la superficie
- Sfere metalliche che si deformano in solitudine industriale
- Cubicoli di vetro che implodono isolando chi è dentro
E poi, nel bridge, tutto si ferma. Il deserto. Il silenzio. Le stelle. Un respiro dopo l’esplosione.
Il finale è catartico: un edificio monumentale che implode su se stesso, riducendo tutto a polvere. E poi un occhio calmo che riflette il cielo notturno. Pace dopo l’annientamento.
Perché questa canzone ora
Viviamo nell’era del rumore costante. Dell’attenzione polverizzata. Della performance continua. Dell’opinione obbligatoria su tutto.
E nessuno parla del costo emotivo di tutto questo.
“Spegnete Tutto” è la mia risposta. Non è una soluzione, non è un manifesto positivo, non ti dirò che “andrà tutto bene”. È semplicemente il grido di chi ha raggiunto il limite e ha bisogno di gridare prima di poter respirare di nuovo.
È per chiunque si sia mai sentito:
- Sommerso dalle opinioni altrui
- Giudicato da chi non fa niente
- Stanco di fingere che vada tutto bene
- Desideroso di un momento di vero silenzio
Guarda il video
Ogni frame è pensato, ogni transizione ha un significato. Non è un video da mettere in sottofondo: è un’esperienza che va vissuta dall’inizio alla fine, possibilmente con le cuffie e lo schermo intero.
Dopo averlo visto, fammi sapere cosa hai provato. E se anche tu, almeno per un momento, hai sentito il bisogno di spegnere tutto.
P.S. – Se questo pezzo ti ha colpito, condividilo con qualcuno che capisci. Non per i numeri, non per le views. Ma perché forse anche loro hanno bisogno di sentirsi meno soli nella propria rabbia.
E se vuoi davvero supportare il progetto, salvalo, mettilo nelle tue playlist, lascia un commento. Ma soprattutto: ascoltalo quando ne hai bisogno.
Il silenzio è un atto di ribellione. Inizia da qui.