La sua domanda tocca un nervo scoperto del nostro tempo: la velocità vertiginosa del progresso tecnologico, incarnata oggi dall’intelligenza artificiale generativa, rischia di erodere la nostra capacità di provare meraviglia e stupore? È un timore legittimo, che affonda le radici nella sensazione che l’abitudine al nuovo e all’incredibile stia rendendo tutto prevedibile, quasi “normale”.
La questione è complessa e si muove su un doppio binario: da un lato, il rischio concreto di assuefazione; dall’altro, l’apertura di orizzonti di stupore completamente nuovi.
La tesi dell’assuefazione: quando la magia diventa routine
Il ragionamento è impeccabile: la frequenza con cui assistiamo a “miracoli” tecnologici ha un effetto anestetizzante. Quando possiamo generare un’immagine iperrealistica, comporre una sinfonia o scrivere un saggio complesso in pochi secondi, l’eccezionalità di questi atti rischia di sbiadire. Questo fenomeno, noto come assuefazione edonica, descrive come gli esseri umani si abituino rapidamente a un nuovo livello di piacere o stimolazione, tornando a un punto di partenza emotivo. Il concetto è tutt’altro che nuovo, basti pensare all’evoluzione della televisione, dal bianco e nero al colore, all’aumento delle risoluzioni delle TV e dei monitor: da HD Ready, a Full HD, 2K, 4K, 8K e così via…
Le innovazioni che un tempo avrebbero richiesto decenni e avrebbero suscitato un dibattito globale, oggi diventano virali per una settimana e poi vengono assorbite nella nostra cassetta degli attrezzi digitale. L’IA generativa, in questo senso, può contribuire a una sorta di “inflazione della meraviglia”: se tutto è meraviglioso, nulla lo è più veramente. La sorpresa nasce dalla violazione di un’aspettativa; se ci aspettiamo che una macchina possa fare qualsiasi cosa, dove risiede più la sorpresa?
Inoltre, la natura stessa dell’IA generativa, che opera ricombinando e rielaborando dati esistenti, potrebbe limitare la scoperta a un orizzonte di ciò che è già noto, per quanto vasto. Lo stupore, spesso, nasce dall’incontro con l’ignoto, con qualcosa che rompe radicalmente gli schemi.
La nascita di un nuovo stupore: la meraviglia della co-creazione
Cercando anche prospettive differenti, possiamo considerare come esiste una visione opposta e altrettanto valida. L’intelligenza artificiale generativa oltre ad essere uno strumento che esegue comandi, ma può diventare un partner creativo, un acceleratore di immaginazione. È qui che può nascere una nuova forma di meraviglia.
- Stupore per l’inaspettato: chiunque abbia sperimentato con i modelli di IA generativa conosce la sensazione di immettere un’idea (un “prompt”) e ricevere in cambio qualcosa di totalmente inaspettato, una deviazione creativa che la nostra mente non avrebbe concepito. Questo processo non è una semplice esecuzione, ma un dialogo che può portare a scoperte sorprendenti. Lo stupore non deriva più solo dal “cosa” viene creato, ma dal “come” emerge da un’interazione tra intelligenza umana e artificiale.
- La meraviglia della complessità svelata: l’IA ci permette di visualizzare e comprendere complessità che prima erano inaccessibili. Pensiamo alla capacità di generare modelli di proteine per la ricerca medica, di simulare fenomeni cosmologici o di creare visualizzazioni di dati intricatissimi. La meraviglia, in questo caso, non è quella del prestigiatore, ma quella dello scienziato o dell’artista che vede l’invisibile reso visibile, il complesso reso intuibile.
- Democratizzazione della creatività: questi strumenti mettono nelle mani di tutti capacità creative che un tempo erano riservate a pochi. Una persona senza alcuna abilità pittorica può ora dare forma a visioni complesse, un musicista può esplorare armonie inaudite. La meraviglia può nascere dal vedere le proprie idee, prima intrappolate nella mente, prendere vita sullo schermo. È lo stupore di scoprire il proprio potenziale creativo latente.
Stiamo perdendo la capacità di stupirci?
Forse la domanda più che essere “se stiamo perdendo la capacità di stupirci” è “come si sta trasformando l’oggetto del nostro stupore”.
Stiamo forse passando da una meraviglia passiva, quella dello spettatore che assiste a un evento eccezionale, a una meraviglia attiva e partecipativa, quella del co-creatore che esplora nuove possibilità insieme a un’intelligenza non umana.
Il rischio di banalizzazione è reale e dipende in gran parte da noi. Se useremo l’IA generativa come una semplice “macchina delle risposte”, un distributore automatico di contenuti, allora sì, il gusto della scoperta e dello sforzo creativo potrebbe atrofizzarsi. Ma se la useremo come una leva per la nostra curiosità, come un modo per porre domande più profonde e per esplorare territori inesplorati della nostra stessa immaginazione, allora potremmo trovarci alle soglie di una nuova era di meraviglia.
Per concludere, senza perdersi in troppi pensieri contorti… L’intelligenza artificiale generativa è uno specchio delle nostre intenzioni. Può essere il colpo di grazia alla nostra capacità di stupirci, oppure può fornirci infiniti nuovi motivi per rimanere a bocca aperta.
La scelta, come spesso accade con la tecnologia, spetta a noi.