La storia umana è spesso descritta come ciclica, con eventi e temi che si ripetono attraverso i secoli. Dalle antiche civiltà alle società moderne, vediamo schemi ricorrenti di ascesa e declino, innovazione e conservazione. In questo contesto, la figura del leader ha sempre giocato un ruolo cruciale. Nel corso della storia, la percezione dei “Grandi della terra” — ovvero i capi di stato e i leader influenti — è cambiata significativamente, riflettendo le trasformazioni sociali, politiche ed economiche delle epoche.
Dall’ammirazione per sovrani assoluti e visionari a una crescente critica verso leader percepiti come distanti o manipolatori, il modo in cui valutiamo i nostri leader è evoluto. Questo cambiamento è influenzato da vari fattori, tra cui l’accesso all’informazione, l’esperienza collettiva di eventi globali e una maggiore consapevolezza delle dinamiche di potere.
I grandi della terra sono davvero tali?
Sono cresciuto sentendo più volte identificare i capi di stato delle principali nazioni mondiali come “Grandi della terra”. All’inizio la mia percezione era di persone dalla grande responsabilità, intelligenza e visione che vi prendevano in carico un fardello piuttosto importante come indicare la rotta che avrebbe seguito la nazione. Essere rappresentanti di una nazione, non stiamo parlando di una cosa da poco.
Negli ultimi anni, però, ho preso consapevolezza di come questa mia percezione sia cambiata, complice gli scenari sociopolitici recenti e le dichiarazioni che rilasciano certi capi di stato. Nonostante ciò, la definizione di “Grandi della terra” continua ad essere utilizzata, suscitando in me una crescente perplessità.
Ho iniziato a chiedermi: cosa c’è di grande e di lungimirante nel fare una guerra, nel rifornirsi di testate nucleari in quantità sufficienti a distruggere il pianeta più volte? Quanto è sensato rispondere a un attacco con dieci attacchi in più? Queste dinamiche, spesso infantili e scellerate, mi portano a domandarmi… Ma sono davvero questi i grandi della terra? Ma in che mani siamo?
Secondo il SIPRI, la spesa militare globale ha raggiunto il livello record di 2.240 miliardi di dollari nel 2023. Penso a come avrebbero potuto essere impiegati meglio i soldi destinati agli armamenti, che poi distruggono case, infrastrutture, strade, scuole e, cosa più grave, colpiscono migliaia di persone innocenti che avrebbero voluto solo vivere la loro vita.
Perché, diciamoci la verità, la maggior parte delle persone desidera solo vivere in pace e fare la propria vita, senza curarsi del potere o dell’estensione dei territori.
Invece no, si ragiona per ultimatum, per attacchi preventivi, per portare libertà e democrazia. Ci crede ancora qualcuno? Basti pensare al conflitto in Ucraina, iniziato nel 2022, che ha causato migliaia di morti, milioni di sfollati e una crisi umanitaria di vaste proporzioni, oppure alla tragica situazione palestinese…
Capacità di ascolto
Che fine ha fatto il dialogo, l’ascolto, il buon senso? A cosa devono oggi la loro grandezza questi “Grandi della terra” quando mandano eserciti di esseri umani ad uccidere altri esseri umani, a morire, quando radono al suolo mezze nazioni in nome di un pensiero religioso o di una diversità culturale? Perché pensano di incarnare il bene contro il male?
Così ci troviamo in una spirale d’odio e di violenza che sicuramente non ispira le nuove generazioni. Anzi, vengono lanciati messaggi sbagliati, dove la violenza e la dimostrazione di forza sono presentate come uniche soluzioni per sopraffare il nemico.
Al giorno d’oggi, i “Grandi della terra” sono un esempio? A mio avviso, no, non più, e lo dico a malincuore anche sentendoli parlare. Sembra che abbiano esaurito gli argomenti e non sappiano neppure loro come fare, ma intanto per farsi eleggere aizzano il popolo con argomenti populisti, cercando di sembrare come loro, quando in realtà non lo sono. Secondo un sondaggio Gallup del 2023, la fiducia media nei governi a livello mondiale è scesa al 42%, il livello più basso degli ultimi dieci anni.
Come ha affermato il filosofo e linguista Noam Chomsky: “Il potere tende a corrompere, e il potere assoluto corrompe assolutamente”. Questa citazione sembra risuonare particolarmente vera osservando il comportamento di alcuni leader contemporanei.
Ci aggrappiamo ad un barlume di speranza nel nuovo che arriverà o nella ciclicità della storia, dove, dopo aver raggiunto il punto più basso, si ritorna alle basi, alla civiltà, all’educazione, al buon senso e soprattutto alla collaborazione. Perché siamo davvero tutti sullo stesso mondo ed è davvero molto piccolo considerando l’universo in cui viviamo, e soprattutto non è per sempre.
Figure come Nelson Mandela o Mahatma Gandhi ci ricordano che la leadership può essere sinonimo di coraggio, compassione e impegno per la giustizia sociale. In un mondo che sembra sull’orlo del baratro, è naturale chiedersi: quali sono le qualità che dovremmo cercare in un vero leader, in un “Grande della terra” capace di guidarci verso un futuro migliore?
Quindi? Che possiamo fare?
Come possiamo, come individui e come società, promuovere una cultura di pace e collaborazione, contrastando la spirale di odio e violenza che sembra avvolgerci? La ciclicità della storia ci offre un barlume di speranza, ma sarà sufficiente ad assicurarci un futuro di progresso e armonia, o dobbiamo assumerci la responsabilità di plasmare attivamente il nostro destino?
Il futuro è nelle nostre mani, e spetta a noi decidere quale tipo di leadership vogliamo sostenere e quale mondo vogliamo costruire per le generazioni future.
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