Creatività: ne parliamo troppo (e spesso male)? Facciamo chiarezza (con un pizzico di ironia)

Viviamo in un’epoca quasi ipnotizzata dalla parola “creatività”. La troviamo nei corsi di marketing, la si cerca spasmodicamente nei colloqui di lavoro, la si celebra negli spot. A volte sembra basti scegliere un filtro particolare su Instagram o azzeccare un font originale per sentirsi parte del club esclusivo dei “creativi”. Ma… siamo sicuri che la questione sia così semplice?

La sensazione diffusa è che questa parola, intrinsecamente potente, sia diventata un’etichetta un po’ abusata, appiccicata quasi ovunque ci sia un briciolo di novità. Ognuno la interpreta a modo suo, spesso affidandosi più all’istinto che a criteri condivisi. E questo ci porta dritti al cuore del problema:

Mission impossible: misurare la creatività?

Possiamo davvero incasellare la creatività in metriche oggettive? Esiste un modo per dire “questo è creativo al 75%” e “questo solo al 30%”? La risposta più onesta è: non esattamente come vorremmo.

Non esiste un “creativometro” da laboratorio (anche se sarebbe comodo!), ma la ricerca psicologica e gli studi sull’innovazione hanno identificato alcune componenti chiave. Pensatori come Guilford o Torrance hanno esplorato dimensioni come:

  1. Fluidità: Generare tante idee.
  2. Flessibilità: Esplorare diverse categorie di soluzioni.
  3. Originalità: Produrre idee insolite, che si staccano dal pensiero comune.
  4. Elaborazione: Sviluppare un’idea nei dettagli, renderla concreta.

Oggi, si tende a considerare un’idea o un prodotto come “creativo” quando possiede un mix equilibrato di due ingredienti fondamentali:

  • Novità/Originalità: Apporta qualcosa di inedito, combina elementi esistenti in modo sorprendente o semplicemente si distingue nettamente da ciò che è già noto.
  • Valore/Utilità/Rilevanza: L’idea non è solo nuova, ma serve a qualcosa. Risolve un problema, soddisfa un’esigenza (anche emotiva), comunica in modo efficace, funziona nel suo contesto o apre nuove prospettive.

Immagina di inventare una sedia con una sola gamba diagonale: è sicuramente originale. Ma se nessuno riesce a starci seduto senza cadere, manca di valore (come sedia, almeno!). La vera creatività spesso fiorisce all’incrocio tra queste due strade: l’idea brillante e la sua applicazione sensata.

Cos’è davvero la creatività? Un viaggio nel tempo

Il modo in cui percepiamo la creatività si è evoluto moltissimo. Per lunghi secoli, il concetto di “creazione” era quasi un’esclusiva divina. Gli artisti erano visti come abilissimi artigiani, interpreti della natura o della volontà divina, al massimo toccati da un’ispirazione esterna (le Muse, per intenderci).

È con il Rinascimento che l’individuo inizia a prendersi la scena. Emerge la figura del “genio”, dell’artista-inventore capace di plasmare il mondo con le proprie idee. E qui, la tua domanda cade a proposito:

Michelangelo e Leonardo erano creativi?

Sì, in modo quasi sbalorditivo! E incarnano perfettamente la definizione di novità + valore. Erano molto più che esecutori magistrali; erano innovatori radicali:

  • Leonardo: Un vero “polimatematico”, fondeva arte, scienza e ingegneria come nessuno prima. I suoi studi anatomici dettagliatissimi, i progetti di macchine avveniristiche, le sue tecniche pittoriche rivoluzionarie (lo sfumato!) erano il frutto di una mente capace di vedere connessioni ovunque, generando idee originali e potenzialmente utili.
  • Michelangelo: Ha ridefinito i canoni della scultura e della pittura, iniettando nelle sue opere una forza espressiva, un dinamismo e una profondità psicologica senza precedenti. Basti pensare alla tensione del David o alla complessità narrativa e visiva della Cappella Sistina. Era pura visione che andava oltre la tecnica, rompendo le convenzioni e creando opere di valore eterno.

La loro grandezza stava proprio in questa capacità di padroneggiare il conosciuto per poi superarlo, generando opere che non solo erano nuove, ma che hanno cambiato per sempre la storia dell’arte e della cultura.

E gli influencer di oggi? La creatività ai tempi dei social

Veniamo al nodo più contemporaneo e, forse, controverso. Gli influencer possono essere considerati creativi?

Qui, la risposta richiede sfumature. Dipende molto da chi osserviamo e cosa fa esattamente.

  • Potenziale creativo: Indubbiamente c’è. Ideare format video coinvolgenti (magari montati con agilità usando CapCut), costruire un’identità visiva e narrativa forte (il personal branding), scrivere testi che “acchiappano” il lettore (copywriting), realizzare scatti fotografici d’impatto o grafiche efficaci (con Photoshop o Illustrator), gestire una community online, comprendere le dinamiche delle piattaforme… sono tutte attività che richiedono pensiero originale e la capacità di produrre contenuti che generino interesse e interazione (novità + valore percepito dal pubblico). Alcuni sono veri pionieri nel linguaggio digitale, usando magari WordPress per blog articolati o Figma per design di interfacce, dimostrando come la tecnologia sia un mezzo per l’espressione creativa.
  • Creatività o Emulazione? Il confine è sottile. Il mondo digitale è anche saturo di contenuti ripetitivi, tendenze clonate e format che si assomigliano tutti. In questi casi, l’originalità si affievolisce e la “creatività” rischia di diventare semplice abilità nel replicare ciò che funziona già. L’esecuzione tecnica c’è, ma manca il guizzo dell’innovazione.

Quindi, forse la domanda più utile è: in che modo e fino a che punto un influencer è creativo? La creatività si manifesta lungo uno spettro. C’è chi realmente inventa nuovi modi di comunicare e chi si limita a surfare l’onda del momento. Entrambi producono contenuti, ma l’impatto creativo è ben diverso.

In conclusione: abbracciamo la complessità

Forse è arrivato il momento di trattare la parola “creatività” con più cura, riconoscendone la ricchezza e la complessità. Essere creativi significa molto di più che avere un’idea bizzarra o padroneggiare una tecnica.

È una sintesi potente, quasi alchemica, di:

  • Curiosità insaziabile: La spinta a esplorare, a chiedere “perché?” e “come potrei fare diversamente?”.
  • Pensiero flessibile: La capacità di generare tante idee (divergenza) e poi selezionare e sviluppare le migliori (convergenza).
  • Ricerca dell’originalità: Il desiderio di portare nel mondo qualcosa di nuovo o di vedere le cose da una prospettiva inedita.
  • Creazione di valore: L’intento di produrre qualcosa che sia utile, significativo, emozionante o funzionale per qualcuno.
  • Resilienza e Coraggio: La forza di sperimentare, accettare il fallimento come parte del processo e continuare a provare.

Che si tratti di dipingere, scrivere codice, progettare un’esperienza utente fluida con Figma, lanciare una campagna di marketing memorabile o creare un video capace di toccare le corde giuste, la creatività autentica unisce immaginazione, competenza e una profonda connessione con il contesto e le persone.

E secondo te? Qual è la tua definizione di creatività? Dove la vedi brillare oggi, magari in forme inaspettate? Confrontiamoci! In fondo, anche riflettere sulla creatività è un atto… creativo.


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